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69a edizione del Festival di Sanremo: analisi (ironica) della classifica finale

Scritto da il 10 Febbraio 2019

Ieri, 9 febbraio 2019, si è conclusa la 69^ edizione del Festival di Sanremo, condotta per il secondo anno consecutivo da Claudio Baglioni, coadiuvato dalla meravigliosa Virginia Raffaele (voto: 10) e da Claudio Bisio. Tantissimi sono stati gli ospiti che nelle cinque serate del Festival hanno calcato il palco dell’Ariston, infiniti i duetti di Baglioni con chiunque si prestasse, molteplici i momenti piatti in un’edizione che non ha spiccato per simpatia e intraprendenza.

Per l’analisi (ironica) che seguirà degli artisti in gara si procederà dall’ultimo al primo in classifica.

24. Nino D’angelo e Livio Cori – Un’altra luce: Ultimo posto sicuramente meritato. Numerose sono state le illazioni riguardanti Livio Cori, il quale sarebbe stato identificato come il vero Liberato, mentre Nino D’Angelo si è mostrato in evidente difficoltà per l’età che avanza e incapace a scandire le parole: per i sottotitoli andare alla pagina 777 del televideo.

23. Einar – Parole nuove: Partecipa ad X – Factor e ad Amici, prova a scrivere parole nuove, ma in realtà è uguale ad altri 291 cantanti nel mondo.

22. Anna Tatangelo – Le nostre anime di notte: La ragazza di periferia sapeva già di essere spacciata, tanto da piangere prima ancora che finisse la sua ultima esibizione sul palco dell’Ariston. Per lo meno, l’ultima sera si è presentata con un outfit degno sul palco, uno dei più eleganti del festival (e della sua vita).

21. Patty Pravo e Briga – Un po’ come la vita: Patty Pravo rimane bellissima ed iconica, anche se la preferivamo di gran lunga quando era una delle ragazze del Piper e non un Avatar; Briga, invece, inscena teatrini trash inginocchiandosi sul palco e si muove come se fosse un adone acclamato dalla folla. Questo duetto fa pensare tanto, ma soprattutto che ci sono tanti misteri irrisolti al mondo ed uno di questi è a chi diavolo è venuto in mente che un’accoppiata del genere sarebbe stata vincente?

20. Negrita – I ragazzi stanno bene: Meno male che ci rassicurano loro stessi sulle proprie condizioni di salute, perché sono stati così anonimi da farci dimenticare la loro partecipazione al Festival: non pervenuti.

19. Nek – Mi farò trovare pronto: Filippo caro, che ne dici di cambiare un po’ la musica, oltre al testo? Ormai è dal 1997 che ci riscaldi sempre la stessa minestra.

18. Federica Carta e Shade – Senza farlo apposta: “E SCUSA MA NON ME NE IMPORTAAAAAAA”: ecco cosa ci resterà della pezzo di Federica Carta e Shade.

17. The Zen Circus – L’amore è una dittatura: Rinominati anche “DaaaaZeeeenCircuuuus“, Appino e i suoi, non proprio gli ultimi arrivati nel panorama musicale italiano, portano una ballata indie – rock sul palco dell’Ariston e conquistano tutti. Una menzione speciale va al duetto con Brunori Sas nella serata di venerdì. Anche se avrebbero meritato qualche posizione in più nella classifica finale, tanti complimenti a loro, bravi bravi bravi.

16. Paola Turci – L’ultimo ostacolo: “Fragili ma sempre in verticale” è una frase con una costruzione sintattica degna della poesia ermetica. Nonostante questo, il brano della bellissima Paola Turci non convince, ma i suoi look sì. Paola, un consiglio, la prossima volta ricordati che a Sanremo non vince il meglio vestito.

15. Francesco Renga – Aspetto che torni: Francesco Renga è stato al centro di svariate polemiche durante questi giorni di Festival, per aver dichiarato che le voci maschili sono più armoniose di quelle femminili. Ok Franci, non sarebbe il caso di cambiare spacciatore? E comunque, tranquillo, non sono state queste polemiche ad aver distolto l’attenzione dal tuo pezzo: noioso.

14. Motta – Dov’è l’Italia: Motta, dopo aver vinto svariate targhe Tenco, torna a Sanremo per gareggiare al Festival. Eterno incompreso, gli viene almeno dato il riconoscimento per il miglior duetto con una regina indiscussa della musica italiana, la magica Nada. Dov’è l’Italia è uno di quei tipici brani che verranno rivalutati tra anni, ci mettiamo la firma.

13. Ex Otago – Solo una canzone: Malinconico e romantico, Solo una canzone è il brano presentato dai genovesi Ex Otago. Un pezzo che resta, che piace, che ci abbraccia, proprio come hanno fatto i ragazzi alla fine di tutte le esibizioni sul palco dell’Ariston.

12. Ghemon – Rose viola: Ghemon porta sul palco look stravaganti, tanto da essere preso di mira dalle ironie dei social ed essere paragonato all’ispettore Gadget o ad un pompiere. Ma la cosa davvero importante è che si mostra per quello che è, una persona autentica e capace, che ne ha fatta di gavetta e che sa scrivere. Bravo.

11. Boomdabash – Per un milione: Inspiegabile 11esimo posto per un pezzo che è solo un grande nì: siamo a Sanremo o a Gallipoli?

10. Enrico Nigiotti – Nonno Hollywood: Altra inspiegabile posizione alta per un brano che non lascia nulla di nuovo alla musica italiana, se non un dubbio amletico: sul palco era Nigiotti o Grignani?

9. Achille Lauro – Rolls Royce: Achille grazie, grazie per aver svecchiato questa edizione del festival, per essere stato divertente, elegante negli abiti e nei modi ed educato nonostante tutte le polemiche che hanno coinvolto il tuo pezzo. Sentiremo tanto il tuo pezzo nelle radio, ne siamo certi.

8. Arisa – Mi sento bene: Sicura Ari, che va tutto bene? Il pezzo non è male, la voce di Arisa rasenta la perfezione, nonostante la febbre a 39, ma qualcosa non va, non si incastra alla perfezione. Forse un cambio repentino e inaspettato di tonalità che ci “sconcentra“, per citare il testo, ma queste considerazioni le lasciamo a chi si occupa seriamente di musica. Senza dubbio, nonostante tutto, c’è da dire che è stata una delle più eleganti di questa edizione del Festival.

7. Irama – La ragazza con il cuore di latta: Un altro uguale a tanti, Irama arriva 7imo forte del pubblico giovane e molto social, probabilmente. Niente degno di nota in questo brano, se non il titolo sicuramente da cambiare.

6. Daniele Silvestri e Rancore – Argentovivo: Uno dei brani favoriti del festival, nonché un pezzo che si sarebbe meritato il podio, per testo, interpretazione e anche per il duetto con Manuela Agnelli. Nonostante sia arrivato “solo” sesto, Argentovivo ha vinto il premio Bardotti, il premio Mia Martini e il premio Lucio Dalla. Insomma, un brano che farò parlare di sé ancora per molto e che conferma il valore di Daniele Silvestri come uno dei migliori cantautori in circolazione in Italia.

5. Simone Cristicchi – Abbi cura di me: Poesia, semplicemente poesia. Cristicchi arriva quinto, ma vince il premio Endrigo e il premio Bigazzi: meritatissimi.

4. Loredana Bertè – Cosa ti aspetti da me: La donna bionica si presenta sul palco con uno stile rock, capelli blu e immancabile borsetta. Il pubblico dell’Ariston è insorto perché Loredana avrebbe meritato il podio o, per lo meno, uno dei svariati premi assegnati. Come dargli torto, la voce della Bertè è graffiante e il pezzo, nonostante non abbia chissà che potenza evocativa, ha il suo perchè. Non preoccuparti Lory, nei nostri cuori hai vinto tu.

3. Il Volo –  Musica che resta:Inquietanti, a dir poco, i tre ultra – ottantenni intrappolati in corpi di venticinquenni. Ancora non ci si spiega come siano riusciti a partecipare due volte al Festival, figuriamoci se ci è chiaro come abbiano fatto a vincere nel 2015 e ad arrivare terzi quest’anno. “Siamo musica che resta”: ma speriamo di no.

2. Ultimo – I tuoi particolari: Alessandro Borghese sarebbe fiero della sala stampa del Festival perchè ha ribaltato il risultato, portando Ultimo dal primo al secondo posto. E insomma, lui non l’ha presa proprio benissimo.

1. Mahmood – Soldi: Trionfa l’italo – egiziano in questa edizione del Festival. Non entreremo nel merito delle polemiche sterili alle spalle di questa vittoria, non avrebbe senso. Vittoria meritata? Sì, perché ha portato un brano fresco e un sound innovativo sul palco del Festival. La musica italiana ha bisogno di novità.

E adesso che è finito il Festival, che si fa?


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