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INTERVISTA A “BUD SPENCER BLUES EXPLOSION”

Scritto da il 6 Aprile 2018

Durante “Onda Lunga” abbiamo intervistato Cesare Petulicchio, del duo “Bud Spencer Blues Explosion” che ci ha raccontato qualche segreto sulla band, i suoi brani e il tour in corso.

D: Abbiamo con noi Cesare Petulicchio dei Bud Spencer Blues Explosion. Avete suonato in questi giorni a Molfetta, raccontaci come è andata.

R: E’ andata benisimo. C’era tantissima gente, quindi davvero una bella atmosfera. La cosa bella, e che non accade spesso, è che abbiamo suonato presto ed è bello perché permette di godersi di più la serata. Si trattava di un minifestival, c’erano altri artisti ed è stata davvero una bella serata.

D: E’ la seconda o terza volta che suonate questo disco nuovo dal vivo. Ti sembra che abbia presa sul pubblico?

R: Effettivamente era il terzo live. I tour di presentazione dei dischi, in genere, sono sempre un po’ diversi da quelli che poi seguono perché la gente è più attenta ad ascoltare i pezzi che a cantarli, quindi ti accorgi sempre alla fine dei pezzi di come sta andando e non durante. Però devo dire che poi, parlando con il pubblico, pare che i pezzi piacciano quindi per noi va benissimo, è quello che volevamo. Non dico che ce lo aspettavamo, perché quando esce un nuovo disco è sempre una scommessa, è quasi sempre come ricominciare da zero.

D: Anche questa volta avete utilizzato solo chitarra e batteria o c’era qualcosa di contorno?
R: In questo tour una parte del set lo facciamo in quattro, cioè tutta la parte del disco nuovo e qualche pezzo vecchio lo facciamo con l’aggiunta di un basso e delle tastiere e percussioni. Poi dopo facciamo una parte di set in due.

D: Nel pezzo “E tu” in una frase sembra che ci si tolga qualche sassolino dalla scarpa , della serie “siamo in due e facciamo casino quanto una band” e per me è bello perché c’è l’affermazione di un’identità. Questa band ne ha fatti di dischi e oramai sono più di dieci anni che è sulla cresta dell’onda. Forse all’inizio il nome “Bud Spencer” faceva pensare ad una cosa che sarebbe finita di lì a poco e invece siete diventati un punto di riferimento in Italia grazie a dei live che sono quello che sono.

R: Si devo dire che siamo molto riconosciuti come una live band. Abbiamo sempre fatto dischi cercando di limitarci e pensando molto al live., ponendoci sempre il problema di come riproporre il pezzo sul palco. Invece per questo disco abbiamo fatto un po’ il contrario. Abbiamo fatto il disco che avremmo sempre voluto fare e quindi non ci siamo limitati. Abbiamo messo anche altri strumenti, tutto comunque suonato da noi, però facendo un discorso inverso: abbiamo fatto il disco e poi ci siamo fatti il problema di come ricrearlo dal vivo, anche se poi è venuto tutto abbastanza naturale.

D: Dai pezzi si sente che siete in estrema sintonia e fa venir voglia di venire ai concerti. Ma come funziona tra voi due? C’è chi scrive i pezzi? Vi incontrate e cominciate a comporre o c’è qualche idea e poi la sviluppate?

R: Noi fondamentalmente suoniamo, facciamo delle lunghissime Jam Session e registriamo tutto. Il processo di questo disco è durato quasi un paio d’anni. Dopo il tour del disco precedente, che è stato abbastanza duro, ci siamo presi un annetto di pausa. Poi ci ritroviamo anche per farci tornare la voglia di suonare, visto che essendo in due è come se ci fosse un dialogo continuo e alla fine di un tour sembra che ci si sia detti tutto. Pensa che prima di questo disco non ci siamo sentiti per un anno ma non per una lite.

D: Il titolo del disco infatti è quasi un mantra, indica proprio il ricominciare, vivere, morire, suonare blues, ripetere ciclicamente ma perché alla fine ci si diverte.

R: Effettivamente il blues è un po’ così. Ricordo che quando siamo stati a suonare nel Missisipi ci siamo fermati a suonare in queste specie di cantine dove ci sono ancora bluesman che il giorno lavorano e la notte suonano e mangiano solo fagioli scuri. Abbiamo suonato con loro e le ore volavano perché suonavi ed avevi sempre lo stesso rito, sembrava wodoo, mistica, che poi è quello che è il blues.

D: Effettivamente è un tipo di musica che riesce a comunicare con tutti i mondi esistenti. Però in Missisipi non avete registrato niente?

R: No, era un viaggio. Abbiamo suonato ad un festival blouse che si chiamava International Blues Challenge e poi abbiamo fatto un viaggio finalizzato a riscoprire un po’ le radici della musica. Siamo stati nei luoghi dove tutto è nato, abbiamo suonato, conosciuto gente, raccolto materiale. Un viaggio culturale che per me è importante, perché è stato molto formativo e importante per la storia della band.

D:Eravate solo voi due o con altre persone?

R:Solo noi due. Pensa che viviamo così in sintonia che quando è nato il disco non è nato per la voglia di fare il disco, ma solo per la voglia di suonare e ci siamo detti “Se mai un giorno avremo del materiale lo raccogliamo in un nuovo disco”.

D: Poi in realtà vi prendete anche delle parentesi, tu stesso hai una carriera solista però il sodalizio è talmente forte che il legame c’è e si sente. Le prossime tappe del tour quali sono?

R: Andremo a Milano, Brescia e poi Torino. Poi sui nostri canali social trovate le  date del tour.

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