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Erica Mou e la sua “Bandiera sulla luna”

Scritto da il 7 Febbraio 2018

Dopo essere stata ai microfoni di Radio NOVA IONS 97 già in occasione dei due album precedenti, la cantautrice pugliese Erica Mou torna da noi all’indomani dell’uscita del suo ultimo lavoro in studio, “Bandiera sulla luna“. Un album che racconta la conquista di nuovi spazi fisici ed emotivi e che, in un percorso di leggerezza, ci porta dalle spiagge della provincia barese, a Roma, fino alla luna, “con meno gravità“. Il disco ha già cominciato a viaggiare con le primissime date del tour e, in attesa della data foggiana, queste sono le chiacchiere che ci siamo scambiate.

R: Per la rubrica Iconica, è con noi Erica Mou.  Questa è la terza volta che sei nostra ospite. La scorsa intervista risale alla data conclusiva del lunghissimo tour “Tienimi il posto“. Ti racconto un aneddoto divertente, giusto per ridere un po’, fu che, alla fine del concerto, io andai a comprare il tuo disco ma, per l’emozione di aver ricevuto una dedica da te, me ne andai senza pagare.

E: Ecco tu sei la ladra! Mi ricordo di te! (ride)

R: Però poi l’ho pagato ai ragazzi del Teatro della Polvere che avevano organizzato il concerto che, con molto imbarazzo, me l’hanno ricordato. Comunque preamboli a parte, mi sembra inutile presentare Erica Mou ai nostri ascoltatori, perché sai di avere a Foggia un pubblico molto affezionato. Quindi arriviamo subito a “Bandiera sulla luna“, il tuo ultimo disco uscito lo scorso 1 dicembre. Considerato che ti sei già esibita nelle prime date del tour, com’è andato il rodaggio di questo nuovo album?

E: E’ andato molto bene, devo dire, a livello di sensazione mia sul palco. Questo è il disco che ho curato di più, in tutti i dettagli. So tutto di questo disco! Dalle note delle singole battute a quante valige aveva la truccatrice quando è venuta a fare la foto di copertina. L’ho seguito in tutto, con un senso di “maternità”.  Quando mi sono ritrovata a suonare dal vivo queste canzoni, infatti,  le avevo già interiorizzate moltissimo prima del tour. Questo è un lusso! Quando finisci una tournée ti rendi conto che alla fine hai trovato la chiave, l’interpretazione dei brani. Probabilmente io a questo giro sono stata un po’ avvantaggiata, mi sentivo più sicura. Anche perché i musicisti che suonano con me sul palco sono quelli che hanno collaborato  anche il disco, quindi anche loro l’hanno vissuto “forte”.

R: L’ultima volta che abbiamo chiacchierato mi hai raccontato di una parte del tour di “Tienimi il posto”, quella che tu, con la spalla rotta, hai dovuto chiedere aiuto ad alcuni musicisti, che poi hai ritrovato per “Bandiera sulla luna”.

E: Sì, sì sono loro due. Gli amici si vedono nel momento del bisogno, ma poi è bello tenerseli nel momento in cui non hai bisogno. Quindi, nonostante adesso le spalle stiano bene, sono sempre con me al pianoforte Antonio Iammarino, al violoncello Flavia Massimo e il mio fonico “storico”, che mi segue sia in solo che in trio: Giuseppe Saponari.

R: Il povero Peppe che è sempre coinvolto nelle tue storie Instagram quotidiane.

E: Sì, Peppe va oltre  il suo ruolo di fonico ed svolge anche  quello di baby-sitter… Si prende carico di tutte le paturnie del tour, tra cui il fatto che io gli faccia le storie di nascosto su Instagram.

R: Ma torniamo a parlare dell’album che, come tutti i tuoi lavori, contiene sempre una parte autobiografica. “Bandiera sulla luna” indica chiaramente una conquista, quale in particolare?

E: C’è molto di me, come penso che accada per la maggior parte dei lavori dei miei colleghi. Quando si scrive lo si fa anche, egoisticamente, per se stessi. Ma il miracolo è quando la tua storia incontra la storia di un’altra persona e diventa anche sua. All’inizio, però, si parte sempre da sé. Questo disco è molto autobiografico e, in particolare, racconta la conquista  di un punto di vista nuovo. Ho iniziato a scrivere con delle carte sul tavolo molto diverse, non dal punto di vista di una ragazza, ma più da quello di una donna, più completa, più finita, anche più sola per certi versi e, di conseguenza, con meno persone da deludere (un concetto espresso in “Svuoto i cassetti“). Volevo raccontare, poi,  anche la ricerca della conquista di calore. “Bandiera sulla luna” è un disco che spesso parla del freddo, con un’accezione sempre negativa. Volevo dare spazio alla conquista della sensibilità, del calore inteso come modo in cui si riescono a percepire le cose, poiché credo che sia una ricerca molto attuale, molto condivisa e in questo momento è la mia. Quando si scrive si pensa di essere,  ovviamente una persona sensibile, ma non è così. Un conto è raccontare, un conto è sporcarsi veramente le mani e il cuore con le cose che stai vivendo. L’augurio che faccio a me stessa è, su questa luna con meno gravità, di riuscire a percepire.

R: Siamo passati dalla leggerezza del palloncino rosso del tour di “Tienimi il posto” a quella dell’assenza di gravità sulla luna.

E: Si può dire che il palloncino sia stato il prodromo, la partenza prima di andare verso lo spazio. “Tienimi il posto“, però, era un disco pieno di sofferenza, che solo alla fine un po’ si liberava. “Bandiera sulla luna” è il “to be continued“, nel momento in cui il palloncino è arrivato da qualche parte.

R: Ma adesso cambiamo un po’ argomento. Sanremo si avvicina, ormai mancano pochissimi giorni. Qualche giorno fa hai pubblicato un video su Instagram in cui canti una canzone dal titolo “I trulli di Alberobello” con tua nonna Lina, con cui hai iniziato ad intonare le prime note. Tu non hai mai nascosto il fatto che, tra le tue influenze, e soprattutto tra i tuoi artisti preferiti, ci siano stati dei personaggi un po’ anacronistici rispetto ai tempi che stiamo vivendo, artisti degli anni ’50, ’60. Il Festival di Sanremo, con gli anni, è un po’ cambiato, forse anche da quando tu hai calcato il palco del Teatro Ariston nel 2012. Come vivi il clima del Festival dei “giorni nostri”?

E: Ogni anno, quando si avvicina l’inizio di Sanremo, dico che non lo vedrò, ma in realtà lo seguo sempre. Negli ultimi anni ho optato per una soluzione diversa: ascolto solo le canzoni e tralascio tutto il resto. Mi sveglio la mattina, apro Rai Play e riproduco solo i brani. Quando, però, mi trovo con gli amici è anche molto divertente guardare tutto il resto, quindi alla fine, come tutte le cose storiche del nostro Paese, le denigriamo e le amiamo sempre allo stesso modo. C’è sempre un rapporto conflittuale.

R: Spesso va solo di moda criticare qualcosa, anche se, in fin dei conti, non è così male.

E: Diciamo che, purtroppo, è proprio cambiata la musica e Sanremo è al passo con questo cambiamento. Come tutte le cose un po’ più istituzionali, non sono sempre lo specchio di un tempo, ma magari anche un ragazzo che ascoltava i Led Zeppelin negli anni ’60 pensava che non fossero lo specchio del tempo, questo non lo so. Alla fine credo che guardare Sanremo sia più come andare a vedere un monumento, quasi un rito, oltre ad essere l’unico grande spazio che la musica ha qui in Italia. Gli artisti, spesso, partecipano proprio perché è l’unica possibilità che si ha per conquistare il pubblico “grande”.

R: Nel tuo caso, per esempio, anche se non mi sento di attribuire il merito del tuo successo al Festival, rimane il “dubbio” sulla sua influenza.

E: Sì, è quasi uno sfizio che bisogna togliersi, perché, se hai vissuto un po’ il mito, è bellissimo quando sei lì darci dentro e viverlo realmente. Si tratta, comunque, di un’esperienza straordinaria, da rifare.

R: Chissà se ti rivedremo a Sanremo tra qualche anno.

E: Vedremo, anche io ti dico “chissà”?.

R: Parlando di Sanremo il collegamento con Luigi Tenco è d’obbligo. Tu hai duettato con i Favonio nel disco che racchiude tutte le cover di Tenco. Loro sono stati nostri ospiti e, giusto per fare un po’ di gossip vorrei riportarti quello che dicono di te: il disco è molto bello ma dal vivo è un’altra storia.

E: Li ringrazio per questo complimento. Voglio molto bene a tutti loro, a Paolo, il cantante, in maniera particolare. E’ sempre molto bello cantare con lui, perché ha una voce molto calda, così lontana dalla mia e poi sono tutti delle persone eccezionali. Mi hanno proposto di cantare “Se sapessi come fai” di Luigi Tenco e avevamo già collaborato in un loro precedente album.

R: A proposito di duetti, è appena uscito il disco di Zibba, “Le cose”, in cui c’è anche un duetto con te.

E: E’ un disco molto molto bello, che io consiglio anche agli ascoltatori. All’interno c’è questa canzone, che si chiama “Quando abbiamo smesso“, che io ho scritto per Zibba e che, poi, abbiamo cantato insieme. Per lui vale lo stesso discorso dei Favonio: la voce di Zibba è così diversa dalla mia che cantare insieme è uno spasso. L’unione di due cose molto diverse è sempre affascinante.

E: Noi abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo in occasione di una sua esibizione durante la quale cantò anche la tua canzone “Se mi lasciassi sola”.

E: Sì, l’ho saputo. Quel verso ce l’ha tatuato sulla coscia! Tra di noi c’è una grandissima stima che è diventata amicizia. Lavoriamo insieme perché ci piacciamo tanto artisticamente e questa cosa ci ha resi anche grandi amici.

R: Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti?

E: In questo momento sono in pieno “allestimento” della seconda parte del tour. Già vi posso dire che il 24 marzo sarò a Ferrandina (provincia di Matera) e il 31 marzo a Lamezia Terme, però il calendario è in evoluzione quindi si aggiungeranno nuove date che potrete scoprire sul sito www.ericamou.com. Ovviamente bombarderò anche i social di informazioni sui live e su nonna Lina!


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